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Le obbligazioni condominiali non sono solidali

Cassazione civile, sez. II, Sentenza n.199 del 09 gennaio 2017

Prima di esaminare questa recente e interessante sentenza, facciamo un passo indietro per ricordare, in breve, la differenza tra obbligazione parziaria e obbligazione solidale.

Una obbligazione si definisce “solidale” o “in solido” quando più debitori sono tutti obbligati per la medesima prestazione; ciascuno di essi può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri oppure, quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione, l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori. Una  obbligazione “parziaria” , invece, si ha quando ciascun debitore è tenuto ad eseguire solo la propria prestazione (parziarietà passiva) ovvero ciascun creditore può esigere solo la parte di prestazione cui ha diritto (parziarietà attiva).

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 199/2017 depositata il 9 gennaio, ha osservato che le obbligazioni condominiali, in quanto pecuniarie e come tali naturalmente divisibili ex parte debitoris, difettano del requisito dell’unicità della prestazione. Per tale ragione, in assenza di una disposizione normativa diversa, tali obbligazioni non sono soggette al regime della solidarietà, bensì a quello della parziarietà. Il principio generale di solidarietà espresso dall’art. 1292 c.c., pertanto, si applica in caso di obbligazioni per loro natura indivisibili. Se la prestazione è divisibile, la solidarietà deve essere prescritta da una apposita disposizione normativa, senza la quale il regime della parziarietà prende il sopravvento.

Nel caso di specie, la proprietaria di un appartamento sito in un condominio di Napoli, che chiameremo per comodità “Sempronia”, otteneva dal Giudice di Pace un decreto ingiuntivo nei confronti dei condomini proprietari “Tizio e Caio” dell’appartamento sottostante al proprio al fine di ottenere il pagamento della loro quota di competenza, che la ricorrente Sempronia aveva saldato per l’intero all’impresa edile incaricata di eseguire alcune opere di ripristino del terrazzo danneggiato da infiltrazioni di acqua piovana. L’impresa incaricata infatti, in assenza di pagamento da parte del condominio, aveva richiesto il pagamento dell’intero corrispettivo a Sempronia, la quale aveva puntualmente provveduto al saldo.

Tizio e Caio si opponevano a detto decreto ed il Giudice di Pace di Napoli, a definizione del giudizio di opposizione, revocava l’ingiunzione rilevando che il riparto delle spese non fosse mai stato ratificato dall’assemblea condominiale. Sempronia proponeva quindi appello avverso la revoca del decreto presso il Tribunale di Napoli, che però confermava la sentenza di revoca.

A sostegno della propria decisione i Giudici del Tribunale di Napoli rilevavano, seppure con motivazioni diverse da quella esposte dal Giudice di Pace, che nel caso in esame non si potesse applicare l’art. 1110 c.c. né tantomeno l’art. 1134 c.c., in quanto i lavori per la riparazione del terrazzo, da effettuarsi con urgenza, erano stati commissionati all’impresa edile dal condominio in persona dell’amministratore, il quale aveva peraltro anche designato il tecnico che avrebbe dovuto presentare la D.I.A. La ricorrente Sempronia in via monitoria, nell’inerzia del condominio, non aveva appaltato i lavori, limitandosi al pagamento in favore dell’impresa creditrice dell’intero importo da questa preteso, per poi agire in via di regresso nei confronti dei condebitori condomini che non le avevano versato la rispettiva quota di spettanza.

Secondo il Tribunale, quindi, nella fattispecie vi era solo margine – eventualmente – per una azione di ripetizione nei confronti dell’impresa ex art. 2036 c.c., oppure per una azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dei condomini.

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza del Tribunale di Napoli, ha chiarito la natura parziaria delle obbligazioni pecuniarie condominiali, stabilendo che la natura pecuniaria delle obbligazioni condominiali non le rende assoggettabili al regime della solidarietà.

In mancanza, quindi, di una norma specifica che stabilisca il principio della solidarietà, la Cassazione ha stabilito che la responsabilità per il corrispettivo contrattuale preteso dall’impresa appaltatrice, incombente sul condomino titolare dell’uso esclusivo del lastrico e sugli altri condomini per la parte di edificio cui il lastrico serve da copertura, è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese.

Avv. St. Marco Domenico Luongo

Illegittima segnalazione alla centrale rischi? Il giudice condanna la banca a risarcire il danno da perdita di chance

Il Tribunale di Mantova, con sentenza 9 marzo 2017, si è espresso in merito all’illegittima segnalazione alla centrale rischi da parte della banca, condannandola quale responsabile per danno da perdita di chance.

Il giudice ha deciso che deve essere affermata la responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’istituto di credito che abbia illegittimamente segnalato alla centrale rischi il nominativo di un soggetto, sicché esso è tenuto a risarcire il danno patito dal primo sotto il profilo della perdita di chance da calcolarsi in base al valore attuale netto dell’investimento (nel caso di specie all’interessato era stata negata la concessione di un finanziamento bancario per avviare un’impresa diretta alla realizzazione di un impianto fotovoltaico in considerazione della avvenuta segnalazione del suo nominativo alla centrale rischi, progetto da ritenersi fattibile sotto il profilo industriale e finanziario).

L’amministratore condominiale non tiene correttamente la contabilità? Niente compenso.

Cassazione civile, 14 febbraio 2017, n.3892, sez. II

L’amministratore deve, anche nel suo stesso interesse, provvedere alla corretta tenuta della contabilità condominiale. La causa veniva promossa da un amministratore di condominio, il quale si vedeva respingere le proprie domande di pagamento avanzate verso lo stabile amministrato in precedenza, sia in primo grado che in appello. I giudici della Corte d’appello di Roma, in particolare, respingevano le richieste del professionista rilevando come “dalla espletata CTU era risultata la mancanza di un giornale di contabilità che avesse registrato cronologicamente le operazioni riguardanti il condominio, consentendo in modo puntuale la verifica dei documenti giustificativi, onde non era possibile ricostruire l’andamento delle uscite e dei pagamenti effettuati, per fatto imputabile all’amministratore, tra cui i doveri rientrava quello di corretta tenuta della contabilità”.

L’amministratore proponeva quindi ricorso in Cassazione sostenendo che, a fronte della prova da lui fornita del proprio credito, il condominio non aveva adempiuto all’onere di provare il fatto estintivo della pretesa creditoria.

La Cassazione, nel respingere ancora una volta le richieste del professionista, rilevava come fosse condivisibile – e comunque non sindacabile dal giudice della legittimità – la valutazione della Corte di appello relativa al mancato raggiungimento della piena prova del credito relativo al compenso reclamato dall’amministratore, il quale dal canto suo deve fornirla attraverso la corretta tenuta della contabilità condominiale.

In particolare gli Ermellini rilevavano come non fosse controversa nel caso di specie la mancanza di una contabilità regolare che registrasse cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio. In alcuno degli anni in contestazione non risultava infatti essere mai stata adottata  la delibera di approvazione del rendiconto dell’amministratore da parte dell’assemblea dei condomini ex art. 1130 c.c..

Per avvalorare la propria decisione, la Corte ricorda ancora come l’amministratore di condominio sia legato allo stabile da un mandato oneroso, che prevede appunto che il mandatario debba presentare necessariamente al mandante, per avere diritto al compenso ed al rimborso delle spese anticipate, il rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale.

I principi fissati dalla presente decisione della Cassazione sono pertanto chiarissimi: l’amministratore ha il preciso dovere di rendere, attraverso una puntuale tenuta della contabilità condominiale, intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione.

La tenuta della contabilità, osserva ancora la Suprema Corte, deve essere tra l’altro tale da permettere (ai condòmini anzitutto) “di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione”.

L’amministratore che non abbia eseguito correttamente tale adempimento relativo alla tenuta condominiale, pertanto, secondo la cassazione non sarà in grado di provare adeguatamente in giudizio l’entità del proprio compenso al quale pertanto dovrà necessariamente rinunciare.

La contabilità presentata dall’amministratore del condominio, sebbene non debba essere redatta con forme rigorose, deve – quantomeno – “essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi dell’entità e causale degli esborsi fatti, e di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito, nonché di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione”.

In assenza di un tale adempimento (tenuta puntuale della contabilità), quindi, “il credito dell’amministratore non può ritenersi provato”.

Avv. St. Marco Domenico Luongo