diritto condominiale

Opere sulle parti comuni dell’edificio: il giudice del merito deve verificare la fruibilità del ballatoio comune in caso di lavori da parte di un condomino

La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto legittima la chiusura del ballatoio condominiale da parte di una condomina in corrispondenza dell’appartamento di sua proprietà in quanto tale opera non pregiudicava la destinazione funzionale del bene comune (ballatoio) a dare area e luce alle rispettive proprietà esclusive degli altri condomini.

Ne consegue quindi che: «l’art. 1122, comma 1, c.c., vieta a ciascun condomino, nell’unità immobiliare di sua proprietà, l’esecuzione di opere che rechino danno alle parti condominiali, nel senso che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condomini o determinino pregiudizievoli invadenze dell’ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari.

Spetta al giudice del merito, sulla base di apprezzamento di fatto sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale, nella specie la chiusura eseguita in corrispondenza dell’appartamento di una condomina, pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del ballatoio comune da parte degli altri condomini, avendo riguardo alla destinazione funzionale dello stesso ed alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva».

Fonte: dirittoegiustizia.it

Umidità di risalita dal vespaio e relative responsabilità

Per giurisprudenza concorde, salvo che nel regolamento contrattuale, nel rogito o nei titoli di acquisto sia specificata la proprietà del vespaio, eventuali spese per la sua costruzione e manutenzione sono da ripartire tra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà.

In assenza di ulteriori precisazioni sotto il profilo tecnico il Condominio è responsabile della manutenzione del vespaio.

Naturalmente andrà effettuata una valutazione tecnica specifica delle cause delle infiltrazioni.

Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23304.

Fonte: condominioelocazione.it

Il cortile di pertinenza è compreso nella vendita anche se non è indicato nell’atto di compravendita

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12866/2022, si è espressa su una controversia tra fratelli inerente la natura pertinenziale ed esclusiva titolarità di un cortile.

La sorella sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la pertinenza del suddetto cortile non sia stata trasferita insieme al bene principale.

La doglianza è fondata. La Corte d’Appello ha dato per apprezzata nel merito la sussistenza di un nesso pertinenziale tra il cortile comune in contesa e la porzione di proprietà esclusiva ai sensi dell’art. 817 c.c., non considerando che la comproprietà del cortile dovesse ritenersi ceduta in comproprietà pro quota, in conseguenza della vendita dell’edificio, proprio qualora nel titolo non si fosse diversamente disposto o fosse stato omesso qualunque riferimento.

Secondo il combinato disposto degli artt. 817 e 818 c.c., infatti, «la relazione pertinenziale fra due cose determina automaticamente l’estensione alla pertinenza degli effetti degli atti o rapporto giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sia cessato anteriormente all’atto concernente la cosa principale, ovvero da questo risulti espressamente la volontà del proprietario di escludere la pertinenza come oggetto dello stesso» (Cass. n. 1620/1964, n. 711/1968, n, 5790/1983, n. 6873/1994, n. 1471/2022).

Quindi, «gli accessori pertinenziali di un bene immobile devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell’atto di compravendita, essendo necessaria un’espressa volontà contraria per escluderli» (Cass. n. 634/2003).

Ne consegue che «né, ad escludere la cessione pro quota della comproprietà del cortile di pertinenza, in correlazione alla vendita dell’edificio principale, può rilevare, in senso chiaro ed univoco, il riconoscimento operato dai contraenti di un diritto di servitù di passaggio sul medesimo bene comune in favore dell’acquirente, potendo tale servitù trovare comunque giustificazione nell’intenzione di assicurare un vantaggio per la proprietà esclusiva dell’acquirente, eccedente i limi del diritto di comproprietà ex art. 1102 c.c., posto a carico della comunione residua».

Fonte: dirittoegiustizia.it

L’amministratore di condominio è obbligato alla tenuta del conto corrente condominiale per la rendicontazione

La legge di riforma del condominio 11 dicembre 2012, n. 220, ha previsto che l’amministratore di condominio è obbligato, a pena di revoca, a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio e della cui rendicontazione periodica ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese (art. 1129, comma 7, c.c.).

Inoltre va ricordato che il comma 8 dell’art. 1129 c.c. prevede che alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini, nonché ad eseguire tutte le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.

D: Vorrei avere chiarimenti da parte del mio amministratore su alcune delle spese elencate nel preventivo di gestione dell’anno scorso; posso chiedergli copia dell’estratto conto condominiale?

R: Ogni condomino ha sempre diritto a visionare l’estratto conto del condominio. E’ tuttavia possibile che l’amministratore, al fine di ottimizzare tempo e risorse (spesso gli estratti conto sono documenti di molte pagine), comunichi al condomino che ne avesse fatto richiesta la disponibilità a far visionare la documentazione contabile presso il proprio studio. In tal modo il condomino richiedente potrebbe evitare una spesa per inutili copie cartacee visionando (ed eventualmente fotocopiando a proprie spese) soltanto le voci di suo interesse.

Niente risarcimento per il condomino in caso di recesso del conduttore che esercita un’attività vietata dal regolamento condominiale

La Corte d’Appello accoglieva il ricorso avanzato da un Condominio contro l’ordinanza resa in primo grado dal Tribunale, rigettando la domanda di un condomino per il risarcimento dei danni correlati al recesso di una Cooperativa dal contratto di locazione di un immobile di sua proprietà: quest’ultimo, infatti, aveva dato in locazione il proprio appartamento a un’associazione che gestiva al suo interno una casa di riposo, attività, però, vietata dal regolamento condominiale.
Il condomino ricorre in Cassazione, sostenendo di avere comunque diritto al risarcimento dei danni da parte del Condominio per le condotte moleste di altri condomini, in forma di danneggiamento della cassetta postale, del citofono e del quadro elettrico, nonché per le diverse denunce subite in ordine a supposte violazioni edilizie poi risultate infondate, che avrebbero determinato il recesso della conduttrice.
Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che il condominio non risponde per le eventuali molestie di un condomino verso un altro, e ugualmente non è responsabile dei danni arrecati al singolo condomino se agisce per far rispettare il regolamento condominiale: tale condotta non costituisce atto illecito, e non può, quindi, porsi a fondamento di una responsabilità risarcitoria collettiva del condominio (Cass. civ., n. 13689/2011).
Pertanto, il condominio non è responsabile dei comportamenti dei singoli condomini, così come non è fonte di responsabilità l’invito a dismettere un’attività che viola il divieto di destinazione degli appartamenti, con la conseguenza che la perdita economica conseguente al rispetto del divieto non comporta alcun diritto a un risarcimento collettivo verso il singolo condomino.
Per questi motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Cass. civ., sez. VI – 3, ord., 7 gennaio 2022, n. 299

Fonte: dirittoegiustizia.it

Al termine dell’incarico l’amministratore del Condominio deve consegnare tutta la documentazione

Nel contratto che intercorre tra l’amministratore e i condomini trovano applicazione le norme di cui agli artt. 1129 e 1130 c.c. e, per quanto non disciplinato, le disposizioni in tema di mandato, per cui alla scadenza l’amministratore è comunque tenuto a consegnare la documentazione in suo possesso.

Cass. civ., sez. II, ord., 15 dicembre 2021, n. 40134

Fonte: dirittoegiustizia.it

Criteri generali di ripartizione delle spese nel Condominio: il rendiconto consuntivo fornisce la prova delle morosità relative agli anni di gestione precedenti

Il Giudice di pace ingiungeva a un condomino il pagamento in favore del Condominio dei debiti di cui al consuntivo 2017 e del bilancio preventivo 2018.

Il Tribunale respingeva l’appello proposto dal condomino avverso la decisione di primo grado che confermava il decreto ingiuntivo, in quanto la delibera di approvazione delle spese relative a gestioni precedenti al 2017, posta a fondamento della domanda monitoria, non era stata impugnata benché il ricorrente avesse partecipato alle assemblee.

Il condomino ricorre in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che il Tribunale avesse ritenuto definitiva la delibera di approvazione dei consuntivi per mancanza di impugnazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato in quanto «il consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo un ‘nuovo fatto costitutivo’ del credito stesso» (Cass. civ., n. 20006/2020).

La delibera condominiale di approvazione, pertanto, costituisce titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme dovute: dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, che è munito della forza vincolante propria degli atti collegiali, infatti, «discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio» (Cass. civ., n. 11981/1992).

Nel caso in esame, il Tribunale ha rilevato correttamente che la delibera di approvazione del consuntivo 2017 non era stata impugnata, benché il condomino fosse presente all’assemblea, deducendone che nessuna contestazione poteva essere sollevata nel giudizio di opposizione, essendosi la delibera ormai consolidata.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fonte: condominioelocazione.it

I danni da infiltrazioni vanno risarciti in base al criterio della solidarietà tra i condomini

Contrariamente a quanto accade per le altre obbligazioni condominiali, per le quali vige il principio di parziarietà, nel senso che i singoli condomini rispondono esclusivamente, pro quota, per le obbligazioni derivanti da risarcimento del danno ex art. 2051 c.c., gli stessi possono essere chiamati a rispondere con l’intero loro patrimonio, trattandosi di obbligazione solidale. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del danno da cose in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità ex art. 2055, comma 1, c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili.

Trib. Catania 29 ottobre 2020 (In senso conforme Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1674)

Fonte: condominioelocazione.it

Il condomino danneggiato partecipa alle spese riparatorie del danno cagionato da omessa manutenzione delle parti comuni

Una s.r.l. chiede l’impugnazione della sentenza della Corte territoriale che annullava la delibera assembleare impugnata dalla società stessa. Tale delibera aveva ripartito le spese per risarcire i danni subiti dalla porzione di proprietà esclusiva della società a causa dell’omessa manutenzione di una corte comune. La decisione impugnata affermava la sussistenza dell’obbligo dell’appellante di contribuire anche essa, in quanto condomina, alla spesa.

L’obbligo del condomino danneggiato di partecipare alle spese di riparazione delle parti comuni. L’accertamento della responsabilità risarcitoria della compagine condominiale per i danni cagionati dall’omessa manutenzione delle parti comuni alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, risultante da sentenza definitiva di condanna del condominio, in persona dell’amministratore, non esclude che lo stesso condomino danneggiato rimanga a sua volta gravato pro quota nel confronti del condominio dell’obbligo di contribuzione alla spesa correlata, che trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio.
Pertanto, la delibera assembleare in oggetto non contrasta con la condanna risarcitoria statuita dal Tribunale.
Sulla base di tali premesse, la S.C. afferma che «il condomino, che subisca nella propria unità immobiliare un danno derivante dall’omessa manutenzione delle parti comuni dell’edificio ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza tuttavia essere esonerato dall’obbligo, che trova la sua fonte nella comproprietà o nella utilità di quelle e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile, di contribuire a sua volta, in misura proporzionale al valore della rispettiva porzione, alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni dell’edificio e alla rifusione dei danni cagionati».

Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 18187/21, depositata il 24 giugno.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Il conto corrente condominiale e il diritto del condomino di visionare la contabilità

L’art. 1129, comma 7, c.c., come modificato dalla Legge di riforma del condominio 11 dicembre 2012 n. 220, prevede che l’amministratore sia tenuto a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente intestato al condominio, che può essere postale o bancario.

L’inosservanza di tale obbligo è sanzionata con la revoca dell’amministratore.

La finalità della legge è duplice; da un lato deve essere data la possibilità a ciascun condomino di verificare costantemente la destinazione dei propri esborsi (le c.d. “pezze giustificative” di spesa) per una facile comprensibilità dell’intera gestione condominiale, rispondendo ad una chiara e doverosa esigenza di trasparenza e di informazione; dall’altro, evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore (o di altri differenti condomini da lui eventualmente amministrati).

D: come si esercita il diritto di accesso del condomino alla documentazione relativa al conto? Ci sono dei costi?

R: l’accesso alla documentazione avviene per il tramite dell’amministratore poiché egli è il formale intestatario del conto ai sensi dell’art. 1129, comma 7, c.c.  La visione dei documenti condominiali è gratuita, salvo l’eventuale costo per le fotocopie da rimborsare all’amministratore.

Da notare che recentemente si è sviluppato un orientamento che legittimerebbe direttamente alla richiesta anche il singolo condomino subordinatamente alla prova della avvenuta preventiva richiesta all’amministratore il quale, ovviamente, non abbia ottemperato all’obbligo di fornire la documentazione di spesa al condomino stesso che ne avesse fatto richiesta (Arb. banc. e fin. di Roma, 16 settembre 2016).

Ciò significa che il condomino al quale l’amministratore non abbia fornito la documentazione di spesa richiesta può recarsi in banca personalmente e – dopo aver dimostrato di essere effettivamente un condomino dietro presentazione di una visura storica per immobile ed aver effettuato formale richiesta all’amministratore rimasta inevasa – chiedere di visionare la documentazione contabile del condominio.

In questi casi, pertanto, è opportuno inviare una formale richiesta scritta, a mezzo raccomandata a.r. oppure posta elettronica certificata, nella quale concedere all’amministratore un termine per consegnare le pezze giustificative non inferiore a 15 giorni (termine per adempiere ai sensi dell’art. 1454 c.c.), trascorsi i quali è possibile recarsi in banca.